IL SISTEMA CARCERARIO: TRA PUNIZIONE E RIEDUCAZIONE

Premessa storica

Fino alla fine del Settecento le pene comminate avevano una funzione prettamente afflittiva, protesa alle sofferenze fisiche, infatti, da tale sistema sanzionatorio deriva il termine “pene corporali”. Vigeva l’idea secondo la quale maggiori erano le sofferenze inferte e la degradazione subita dal soggetto, maggiori sarebbero state le probabilità di ottenere un pentimento da parte del condannato e la sua rieducazione.

Nel corso del tempo a mutare non è stata solo la funzione della pena che risultava, in precedenza, arbitraria ma anche la diversa tutela che si intendeva assicurare al singolo. Manifesto delle numerose riflessioni succedutesi, che davano maggior rilievo alla tutela dell’individuo, è un’opera di Beccaria “Dei delitti e delle Pene” ove si esprimeva la concezione della pena volta a garantire la sicurezza dello Stato e al contempo la necessità di ridurre il ricorso alla pena di morte e alle pene corporali, applicate maggiormente in epoca precedente, a favore di quelle detentive e pecuniarie, in quanto lo stesso sosteneva che bisognasse applicare quelle più favorevoli all’individuo e meno degradanti, al fine di garantire tale sicurezza e non applicare le sanzioni al mero scopo di sacrificare la libertà personale. Con Beccaria si sono poste le basi per dar vita a nuovi principi garantisti quali il principio di legalità e imparzialità del giudice nel disporre le pene. Attraverso la maturazione di un sistema penale, non più basato solo sulle sofferenze fisiche del soggetto, si sono mossi i primi passi verso l’idea di ritenere che le misure inflittive come le torture corporali o la pena capitale erano, in realtà, prive di utilità oltre che essere eccessive. Per tali motivi si è aperta la strada verso una revisione del sistema penale nel suo insieme e si è dato vita a una struttura dello stesso maggiormente garantista, anziché intimidatoria.

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Evoluzione normativa del sistema penitenziario

Il sistema penitenziario è stato più volte revisionato poiché si è cercato di porre l’attenzione su una maggior salvaguardia della dignità dell’individuo oltre che della pubblica incolumità, e la funzione esclusivamente punitiva della pena ha iniziato a mutare con l’entrata in vigore della Costituzione la quale ha sancito all’art. 27 co. 3 che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso d’umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Il Codice Rocco del 1930 non è risultato sufficiente a colmare le lacune, in quanto era frutto di uno studio tecnico delle norme penali privo di fondamenti extragiuridici, il cui studio, secondo il giurista Rocco stesso, doveva essere lasciato ad altre scienze come l’antropologia e la sociologia criminale, inoltre, tale codice è stato introdotto nell’epoca fascista e, dunque, era di stampo autoritario a causa delle influenze dell’epoca. La Costituzione ha, infatti, eliminato gran parte degli influssi fascisti ponendo l’accento sulla rilevanza di un trattamento sanzionatorio più favorevole al reo, e ciò ha fatto in modo che nel tempo sorgesse l’esigenza di una reale modifica dell’aspetto funzionale delle sanzioni, non più improntate alla repressione in senso stretto del condannato, bensì anche alla sua rieducazione e successivamente risocializzazione. L’esigenza di modifica del sistema ha condotto alla riforma dell’ordinamento penitenziario con la L. 354/75 la cd. “Legge di sistema”, che ha colmato un vuoto di tutela di circa trent’anni, il quale ha delineato le precise finalità che la pena deve perseguire al fine di tutelare e riconoscere anche i diritti del singolo condannato la cui dignità, in primis, va preservata; vi è stata, quindi, un’ umanizzazione della pena. All’art. 1 della L. n. 354 si prevede che “ll trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona. Il trattamento è improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose. Negli istituti devono essere mantenuti l’ordine e la disciplina. Non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con le esigenze predette o, nei confronti degli imputati, non indispensabili ai fini giudiziari”. Già la prima norma che apre tale legge fa comprendere come la stessa dia assoluta rilevanza al rispetto dei diritti fondamentali dell’individuo, ovvero la tutela della dignità, e dispone il divieto di discriminazione ribadito anche all’art. 3 il quale dispone la “parità di condizioni fra detenuti e internati“, e all’art. 13 secondo cui “il trattamento penitenziario deve rispondere ai particolari bisogni della personalità di ciascun soggetto“. Altro elemento di novità della riforma è stata l’introduzione di misure alternative alla detenzione, che hanno ribadito la funzione rieducativa che la pena deve assumere e un minor inasprimento della stessa, come l’affidamento in prova ai servizi sociali, la semilibertà, la liberazione anticipata e la detenzione domiciliare.

A tale riforma si sono succeduti altri interventi, con ulteriori introduzioni di pene alternative, che hanno dimostrato la costante volontà del legislatore di rispondere all’esigenze di una società in continua evoluzione la quale richiede sempre maggiori garanzie e precisione nelle determinazioni del sistema normativo.

XVII Legislatura e riforma dell’ordinamento penitenziario

Dopo lunghi anni, caratterizzati da diversi interventi normativi si è giunti alla riforma n. 103 /2017 entrata in vigore nel 2018 volta a garantire la ragionevole durata del processo, già preceduta da alcuni interventi giurisprudenziali come la sent. n. 149/2018, la quale ribadisce il “principio della non sacrificabilità della funzione rieducativa sull’altare di ogni altra, pur legittima, funzione della pena, e le sentenze n. 251 e n. 68 del 2012 le quali stabiliscono che “Laddove la proporzione tra sanzione e offesa difetti manifestamente, perché alla carica offensiva insita nella condotta descritta dalla fattispecie normativa il legislatore abbia fatto corrispondere conseguenze punitive di entità spropositata, non ne potrà che discendere una compromissione ab initio del processo rieducativo, processo al quale il reo tenderà a non prestare adesione, già solo per la percezione di subire una condanna profondamente ingiusta, del tutto svincolata dalla gravità della propria condotta e dal disvalore da essa espressa”. Con l’entrata in vigore della riforma si è cercato di colmare e racchiudere, con i suoi tre decreti legislativi alcune lacune nel campo dell’esecuzione penale; tale legge ha riguardato: il sistema di garanzia di assistenza medica ai detenuti poichè va assicurato il diritto alla sanità anche per chi si trova all’interno delle carceri, la semplificazione dei procedimenti in materia esecutivo-sanzionatorio, la materia della vita penitenziaria e di lavoro penitenziario, la competenza degli uffici locali di esecuzione esterna e polizia penitenziaria.

Tasso di sovraffollamento nelle carceri

Nonostante gli interventi legislativi e il mutamento ideologico che hanno volto lo sguardo sull’esigenza di rispettare uno dei diritti inviolabili quale la dignità umana, vi sono tutt’ora delle problematiche relative all’organizzazione e alle strutture dei carceri che superano di gran lunga i numeri che sarebbero ammessi all’interno degli stessi. Il sovraffollamento ha causato numerosi casi di suicidio di detenuti, i quali disperati a causa del contesto degradante nel quale si trovavano si sono tolti la vita. Questo dato è peggiorato durante il periodo pandemico in quanto non vi erano le misure necessarie per far fronte a una tale emergenza , infatti, numerose sono state le rivolte nel periodo di marzo 2020, non solo pacifiche, da parte dei cittadini che chiedevano di intervenire a tutela dei detenuti, e solo nel maggio 2020 si è raggiunta una diminuzione progressiva del tasso di affollamento. Ciò è stato possibile grazie all’applicazione di misure alternative come la liberazione anticipata e la detenzione domiciliare. Attraverso la pandemia si è avuto modo di constatare, quindi, che lo stato di degrado presente nella maggior parte dei carceri in Italia può costituire un problema anche per la salute pubblica oltre che per il singolo.

Conclusioni

L’excursus fin qui delineato pone in evidenza che la società muta velocemente e con essa mutano le esigenza di tutela che lo Stato deve fronteggiare quotidianamente, al fine di garantire i diritti inviolabili. Nonostante gli interventi normativi che si sono succeduti nel tempo non si riescono ancora a colmare alcune lacune nel sistema organizzativo vigente anche, e soprattutto, nell’ambito della criminalità.

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Autore: Edvige Pellegrino
Sono una giovane laureata in Giurisprudenza che dopo il conseguimento della laurea ha subito intrapreso e compiuto la pratica forense. L'interesse per le materie studiate, nel corso degli anni, mi ha spinta a intraprendere contestualmente lo stage presso il Tribunale di Salerno ex art. 73, grazie al quale ho avuto modo di collaborare con professionisti di gran spessore aumentando, così, le mie capacità relazionali. Al termine di entrambi i percorsi formativi e professionali ho sentito l'esigenza di partecipare al Master in Giurista d'Impresa al fine di ampliare le mie competenze.

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