CRISI DELLE START UP

LA CRISI DELLE START UP

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CRISI DELLE START UP: Nell’immaginario comune la maggior parte delle start up sono guidate per lo più da ragazzi senza molta esperienza e, quindi, destinate a fallire nel corso dei primi anni di vita.

Ma è proprio così?

In realtà, i dati statistici ci mostrano un quadro meno drammatico.

Come emerge dal report di monitoraggio trimestrale dedicato alle start up innovative del 1 ottobre 2020, pubblicato dal MISE, nel 2018 il 52,6 % di questa tipologia di società di capitali era in perdita.

Questo è un dato fisiologico, in quanto queste società, da zero, investono in attività ad alto livello di innovazione e hanno un elevato contenuto tecnologico, quindi necessitano di più tempo per accedere al mercato.

Se osserviamo la relazione annuale al Parlamento del MISE del 2016, possiamo notare come il numero di start up cessate sia molto basso nel periodo 2012 – 2015, anni di seguito successivi all’entrata in vigore del Dl 179/2012.

Solo il 5 % delle imprese iscritte alla sezione speciale del registro delle Imprese nel 2012 ha cessato l’attività nel 2016.

Un dato sicuramente molto basso.

Nonostante lo shock dei mercati e la crisi Covid le start up e le Pmi innovative hanno retto, riducendo il loro organico e i costi fissi.

Nel 2019 le start up iscritte erano 10.882 mentre all’1 gennaio 2021 sono 11.899 unità (secondo il report di monitoraggio MISE).

Per la difficoltà che la crisi ha generato, soprattutto per queste tipologie di imprese, il Dl 34/2020 ha esteso per un altro anno le agevolazioni fiscali che derivano dall’iscrizione alla sezione speciale del registro delle imprese (art. 38, comma 5, Dl 34/2020).

Dunque, se non è vero che il tasso di sopravvivenza delle start up e Pmi innovative sia così basso, è anche vero che queste sono organizzazioni con un alto rischio di fallimento.

Per questo motivo le imprese iscritte nella sezione speciale del registro delle imprese ex art. 25, comma 8 e 9, Dl 179/2012, godono, durante i cinque anni dalla data di costituzione e sempre che mantengano i requisiti di cui all’art. 25, di varie deroghe al diritto societario.

Una condizione speciale è, ad esempio, la seguente: nei momenti di crisi, quando la società di capitali subisce perdite tali da ridurre il patrimonio netto al di sotto del capitale sociale, la start up innovativa potrebbe ridurre il proprio capitale sociale per adeguarlo al patrimonio netto nel tempo di due esercizi invece che entro l'esercizio successivo.

Ma il vantaggio più grande è quello di non essere assoggetta alle procedure concorsuali, indipendentemente dal suo fatturato o dal volume dei debiti contratti.

Infatti, la start up innovativa viene considerata quale soggetto non fallibile.

Sarà soggetta soltanto ai procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio di cui al capo II della l. 3/2012.

Tale deroga al diritto fallimentare non vale, invece, per le Pmi innovative.

La start up innovativa che si trovi in uno stato di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, ovvero di difficoltà economico finanziaria che renda probabile il suo inadempimento (art. 2 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), ha la possibilità di accedere ad un procedimento semplificato e meno oneroso di risoluzione della crisi che le permetta di velocizzare la procedura e ripartire con un nuovo progetto.

La procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento consiste, in primis, nel proporre ai propri creditori un accordo di ristrutturazione del debito, depositandolo presso il Tribunale del luogo di residenza o sede del debitore.

Il debitore è assistito da un Gestore della crisi, nominato dall’Organismo di composizione della crisi, che deve attestare la fattibilità del piano proposto.

La proposta di accordo dovrà contenere l’elenco dei creditori e del loro credito, dei vari importi e dei tempi per saldare i debiti.

L’accordo verrà omologato dal Tribunale se accettato da un numero di creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti. Vale la regola del silenzio assenso.

I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca dei quali la proposta prevede l’integrale pagamento non hanno diritto di voto se non rinunciano al loro diritto di prelazione.

L’accordo, approvato dalla maggioranza, diventa vincolante per tutti i creditori, anche per coloro che non abbiano sottoscritto l’accordo.

Inoltre, anche nel caso in cui venga dichiarato il fallimento della società successivamente all’omologazione dell’accordo, quest’ultimo si risolve ma tutti i pagamenti e le garanzie posti in esecuzione dello stesso non saranno assoggettati all’azione revocatoria fallimentare.

Tale accordo, chiamato anche “piccolo concordato”, dà la possibilità alla start up di ristrutturare il debito e godere dell’esdebitazione per i debiti non onorati.

La procedura di liquidazione del patrimonio ha luogo su istanza del debitore o di uno dei creditori nei seguenti casi:

  • nel caso in cui l’accordo omologato dal Tribunale sia stato annullato, risolto per inadempimento, o revocato per atti diretti a frodare i creditori;
  • ovvero nel caso in cui il debitore non adempia integralmente e tempestivamente i pagamenti alle amministrazioni pubbliche e agli enti pubblici di previdenza e assistenza.

La vendita di tutti i beni della start up, inclusi quelli che sopraggiungano nei quattro anni successivi all’apertura della procedura di liquidazione, viene effettuata da un liquidatore nominato dal Tribunale.

Con il ricavato verranno soddisfatti soltanto i creditori che hanno fatto domanda di partecipazione alla liquidazione.

Con la conclusione della procedura di liquidazione la start up viene cancellata dal Registro delle Imprese.

Va anche sottolineato che, ex art. 31, comma 2, Dl 179/2012, i soci e gli amministratori della start up in liquidazione sono protetti dall'anonimato.
Infatti, decorsi 12 mesi dall'iscrizione nel registro delle imprese del decreto di apertura della liquidazione della start up, l'accesso ai dati relativi alla compagine sociale sarà consentito soltanto all'autorità giudiziaria e alle autorità di vigilanza.
In questo modo i fondatori della start up potranno iniziare un nuovo progetto senza avere il marchio di insolvente.

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Infine, vanno affrontati alcuni caveat.

La deroga alle procedure concorsuali, ex art. 31 del Dl 179/2012, viene meno nei seguenti casi:

  • nel caso in cui la start up innovativa perda i requisiti di cui all’art. 25 prima della scadenza dei 5 anni dalla data di costituzione. Il Giudice potrebbe verificare anche in sede di istruttoria prefallimentare la insussistenza dei requisiti di cui all’art. 25, comma 2, Dl 179/2012. Infatti, la giurisprudenza di merito ritiene che gli atti sottesi all’iscrizione della società alla sezione speciale del registro delle imprese abbiano natura amministrativa e, se non conformi a legge, possano essere disapplicati dal Giudice. In tal caso è la società resistente che dovrà provare di avere i requisiti per l’iscrizione nella sezione speciale di cui all’art. 25, comma 8 e 9, Dl 179/2012;
  • decorsi 5 anni dalla data di costituzione. In riferimento al dies a quo, la giurisprudenza di merito ritiene che con il termine “costituzione”, di cui all’art. 31, comma 4, Dl 179/2012, il legislatore si sia riferito alla data di stipulazione dell’atto costitutivo della società, non all’iscrizione della società nella sezione speciale del registro delle imprese.

Va ricordato che la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento si intende iniziata quando il debitore deposita la proposta di accordo presso la cancelleria del Tribunale competente.

In conclusione, la start up gode di una procedura liquidatoria semplificata invece della classica procedura concorsuale, quest’ultima lunga e onerosa e che non concede una seconda opportunità.

Il motivo è semplice, incoraggiare gli imprenditori a iniziare un progetto basato sull’innovazione e sulla tecnologia senza paura del fallimento.

Come sottolineato dalla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato Economico e Sociale europeo del 12.12.2012, COM/2012 n. 742, l’approccio europeo al fallimento delle imprese deve cambiare e andare nel senso di incoraggiare gli imprenditori a cogliere una seconda opportunità, distinguendo tra i “fallimenti disonesti” e quelli “onesti”.

Quest’ultimi sono fenomeni naturali in un mercato dinamico e globalizzato come il nostro.

Marco Giulio Galli

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Autore: Marco Giulio Galli
Laureato in Giurisprudenza a Padova nel 2019, mi occupo del Diritto civile in generale, offrendo consulenze ad aziende nel nord-est Italia. Amo la ricerca e amo lo studio, sempre finalizzati alla risoluzione di problemi concreti.

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