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La Giurisdizione del Giudice Amministrativo

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Il riparto di giurisdizione che vige nel nostro ordinamento, in ragione delle previsioni degli articoli 24, 103, 113 Cost., è stato influenzato dall’assetto del sistema delle tutele nei confronti delle P.A. che si era consolidato a partire dall’istituzione della Quarta Sezione del Consiglio di Stato.

In base a ciò al giudice ordinario spettava la cognizione sulle azioni a tutela dei diritti civili e politici mentre al giudice amministrativo spettava la tutela degli interessi legittimi, salvi i casi di giurisdizione esclusiva; tale assetto, inoltre, veniva consacrato anche nella legge istitutiva dei TAR nel 1971.[1]

Il Codice del processo amministrativo conferma ciò con l’art. 7 comma 1 c.p.a. (‹‹sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni. Non sono impugnabili gli atti o provvedimenti emanati dal Governo nell’esercizio del potere politico››) e con la tripartizione, indicando i tre tipi di giurisdizione nell’art. 7 comma 3 c.p.a.: ‹‹la giurisdizione amministrativa si articola in giurisdizione generale di legittimità, esclusiva ed estesa al merito››.

‹‹Tale articolazione restituisce il quadro della tutela del cittadino nei confronti della P.A. assicurata dal giudice amministrativo››[2] e proprio in relazione a ciò il comma 2 dell’art. 7 c.p.a. precisa che ‹‹per Pubbliche Amministrazioni, ai fini del presente codice, si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo››.

La giurisdizione generale di legittimità, come previsto dal comma 4 dell’art. 7 c.p.a., è la più importante forma di giurisdizione e riguarda l’impugnazione di tutti gli atti, provvedimenti o omissioni delle Pubbliche Amministrazioni che risultino inficiate dai tipici vizi di legittimità (violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere). Questa forma di giurisdizione ha natura ‹‹generale›› poiché, a differenza delle altre due, prescinde da qualche disposizione normativa che di volta in volta la prevede e l’ammette così è sempre invocabile.

Il giudizio di legittimità (in primo grado davanti al TAR mentre in appello dinanzi al Consiglio di Stato) viene generalmente promosso per ottenere l’annullamento del provvedimento impugnato così da assumere il carattere di impugnazione di tipo demolitorio.[3] In relazione a ciò si è avuta una svolta con la legge n. 205/2000 che all’art. 7 sancisce che ‹‹per effetto di essa, il giudice amministrativo, adito per l’annullamento dell’atto, può liquidare al ricorrente il risarcimento del danno cagionato dall’atto stesso››, quindi, può emettere sentenza di condanna al pagamento della relativa somma[4], infatti, ciò è stato recepito anche dal Codice che all’art. 7 comma 4 c.p.a. specifica che alla giurisdizione generale di legittimità competono anche le controversie ‹‹relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali consequenziali, pure se introdotte in via autonoma››.

La giurisdizione esclusiva, invece, nasce con il regio decreto 30 dicembre del 1923, n. 2840 con cui si attribuisce l’esclusività della cognizione del giudice amministrativo e la conseguente sottrazione della cognizione del giudice ordinario su alcune materie.

La ratio dell’istituzione della giurisdizione esclusiva è da ricercare nella circostanza per cui, in alcune materie, diritti soggettivi e interessi legittimi si intersecano in un modo che, con difficoltà, il giudice (ordinario o amministrativo) riuscirebbe a pronunciarsi nei limiti della propria giurisdizione senza invadere il campo che gli è precluso. La pronuncia, inoltre, resterebbe comunque monca non avendo completamente esaurito le questioni che sorgono dalla complessità del rapporto né avendo pienamente riparato al torto subito dal privato, da ciò si comprende che il privato dovrebbe rivolgersi, per questioni nascenti dallo stesso rapporto giuridico, sia al giudice ordinario sia a quello amministrativo, con inutile dispendio di tempo, di denaro e rischiando di ottenere due pronunce contraddittorie.

Il corpus iniziale delle materie individuate dal legislatore nel 1923 è stato successivamente ampliato da altre leggi, in particolare dall’art. 29 del Testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato (Regio Decreto 26 giugno 1924, n. 1054) e dall’art. 4 del testo unico approvato con Regio Decreto 26 giugno 1924, n. 1058. Da ciò si evince che inizialmente vi era una coincidenza della giurisdizione di merito con quella esclusiva con l’unica eccezione in riferimento ai ricorsi relativi al ‹‹pubblico impiego››[5].

In passato, infatti, le materie più importanti affidate alla giurisdizione esclusiva erano costituite dal pubblico impiego (quest’ultimo attualmente ha perso la sua importanza a seguito della privatizzazione dei rapporti di lavoro con le P.A., di conseguenza tutte le controversie riguardanti il rapporto di impiego sono state restituite alla giurisdizione del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro. L’art. 68 del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, infatti, precisa che rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario anche le controversie concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali, la responsabilità dirigenziale, le indennità di fine rapporto.

Oggi residuano alla giurisdizione del giudice esclusivo le controversie relative ad alcune importanti categorie di pubblici dipendenti il cui rapporto di servizio è rimasto in regime di diritto pubblico.) e dalle concessioni di beni e servizi (esse sono affidate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con l’art. 5 della legge istitutiva dei TAR e si trattava di controversie relative a beni demaniali, ad esempio concessioni di demanio marittimo, o relative a servizi pubblici, ad esempio concessioni di servizi di autolinea, di servizi di tesoreria o esattoria e restavano rimesse al giudice ordinario le controversie concernenti indennità, canoni e altri corrispettivi. Anche tale norma è stata riformulata con limitazioni alle sole controversie relative ai rapporti di concessione di beni pubblici.).[6]

Attualmente (come previsto dall’art. 7 comma 5 c.p.a.) nell’art. 133 c.p.a. sono state raggruppate ed elencate le controversie devolute alla giurisdizione esclusiva, tale elenco non è tassativo, infatti, il primo comma dello stesso articolo fa ‹‹salvo ulteriori previsioni di legge›› (ad esempio il D.Lgs. 198/2009class action pubblica).

L’elenco presentato dall’articolo in questione è eterogeneo e concerne o interi ambiti o settori o istituti, infatti, alcune controversie concernono fattispecie regolate dalla legge 241/1990, altre riguardano concessioni di beni, servizi pubblici, urbanistica ed edilizia, altre ancora in riferimento ai contratti delle amministrazioni.[7]

La giurisdizione estesa al merito, infine, è disciplinata dall’art. 7 comma 6 c.p.a. e risulta come una sorta di giurisdizione speciale, sensibilmente ridimensionata rispetto al passato[8] ed ammessa solo nei casi previsti dall’art. 134 c.p.a., infatti, in tali casi il provvedimento amministrativo impugnato può essere denunciato per vizi di merito (ossia per inosservanza di quelle regole di buona amministrazione, riservate all’amministrazione, che nel caso di specie verrebbe a formare oggetto del sindacato della magistratura), inoltre, solo in questi casi, il giudice amministrativo decide anche nel merito (precisamente può sostituirsi all’amministrazione ed esercitare poteri decisori, correlati a quelli cognitori, che comprendono anche la riforma dell’atto impugnato).

La caratteristica principale, dunque, della giurisdizione di merito è la maggior ampiezza dei poteri assegnati al giudice amministrativo (dalla fase cognitoria della valutazione del fatto, che si ritiene più approfondita rispetto al giudice di legittimità, all’istruttoria, che non incontra i limiti della giurisdizione di legittimità[9], alla fase decisoria, in quanto il giudice di merito può, oltre che annullare l’atto impugnato, anche revocarlo, riformarlo, modificarlo o sostituirlo e condannare l’amministrazione al pagamento delle somme di cui risulti debitrice).[10]

Il caso più importante, tra le ipotesi di giurisdizione di merito, è il giudizio di ottemperanza.

Quest’ultimo è previsto dagli articoli 112 – 114 c.p.a., in particolar modo nell’art. 112 comma 2 c.p.a. si stabilisce che ‹‹l’azione di ottemperanza può essere proposta per conseguire l’attuazione: a) delle sentenze del giudice amministrativo passate in giudicato; b) delle sentenze esecutive e degli altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo; c) delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario, al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato; d) delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati per i quali non sia previsto il rimedio dell’ottemperanza, al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi alla decisione; e) dei lodi arbitrali esecutivi divenuti inoppugnabili al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato.››, al comma 3 si prevede che ‹‹può essere proposta, anche in unico grado dinanzi al giudice dell’ottemperanza, azione di condanna al pagamento di somme a titolo di rivalutazione e interessi maturati dopo il passaggio in giudicato della sentenza, nonché azione di risarcimento dei danni connessi all’impossibilità o comunque alla mancata esecuzione in forma specifica, totale o parziale, del giudicato o alla sua violazione o elusione››.

L’art. 113 c.p.a. individua a quale giudice si deve proporre il ricorso, nello specifico ‹‹il ricorso si propone [nel caso di cui all’art. 112, comma 2, lettere a) e b)]al giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta; la competenza è del tribunale amministrativo regionale anche per i suoi provvedimenti confermati in appello con motivazione che abbia lo stesso contenuto dispositivo e conformativo dei provvedimenti di primo grado.

[Nei casi di cui all’art. 112, comma 2, lettere c), d) ed e)] il ricorso si propone al tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di cui è chiesta l’ottemperanza.››

Nell’art. 114 al comma 1 e 2  c.p.a. viene disciplinato il procedimento precisando che ‹‹l’azione si propone, anche senza previa diffida, con ricorso notificato alla pubblica amministrazione e a tutte le altre parti del giudizio definito dalla sentenza o dal lodo della cui ottemperanza si tratta; l’azione si prescrive con il decorso di dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza.›› inoltre ‹‹unitamente al ricorso è depositato in copia autentica il provvedimento di cui si chiede l’ottemperanza, con l’eventuale prova del suo passaggio in giudicato››.

Con il comma 3 e 4 dell’art. 114 c.p.a. si stabilisce che ‹‹il giudice decide con sentenza in forma semplificata e in caso di accoglimento del ricorso: a) ordina l’ottemperanza, prescrivendo le relative modalità, anche mediante la determinazione del contenuto del provvedimento amministrativo o l’emanazione dello stesso in luogo dell’amministrazione; b) dichiara nulli gli eventuali atti in violazione o elusione del giudicato; c) nel caso di ottemperanza di sentenze non passate in giudicato o di altri provvedimenti, determina le modalità esecutive, considerando inefficaci gli atti emessi in violazione o elusione e provvede di conseguenza, tenendo conto degli effetti che ne derivano; d) nomina, ove occorra, un commissario ad acta[11]; e) salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato; tale statuizione costituisce titolo esecutivo. Nei giudizi di ottemperanza aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, la penalità di mora di cui al primo periodo decorre dal giorno della comunicazione o notificazione dell’ordine di pagamento disposto nella sentenza di ottemperanza; detta penalità non può considerarsi manifestamente iniqua quando è stabilita in misura pari agli interessi legali.››

Lo stesso art. 114 al comma 5 e 6 c.p.a. sancisce che ‹‹se è chiesta l’esecuzione di un’ordinanza il giudice provvede con ordinanza.

Il giudice conosce di tutte le questioni relative all’ottemperanza, nonché, tra le parti nei cui confronti si è formato il giudicato, di quelle inerenti agli atti del commissario ad acta. Avverso gli atti del commissario ad acta le stesse parti possono proporre, dinanzi al giudice dell’ottemperanza, reclamo, che è depositato, previa notifica ai controinteressati, nel termine di sessanta giorni. Gli atti emanati dal giudice dell’ottemperanza o dal suo ausiliario sono impugnabili dai terzi estranei al giudicato ai sensi dell’art. 29, con il rito ordinario.››

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[1] Police A., Processo amministrativo, Itinera guide giuridiche, IPSOA – Gruppo Wolters Kluwer, Milano, 2013. 

[2] Casetta E., Fracchia F., Giustizia amministrativa, estratto dal Manuale di diritto amministrativo (di E. Casetta, a cura di F. Fracchia), Giuffrè Francis Lefebvre Milano, 2018, Seconda edizione.

[3] Saitta N., Sistema di Giustizia Amministrativa, quarta edizione  aggiornata al D. Lgs. n. 160/2012, Giuffrè Editore, 2012.

[4] Corso G., La giustizia amministrativa, Il Mulino, Bologna, 2002.

[5] Vedi nota 1.

[6] Vedi nota 1.

[7] Vedi nota 2.

[8] Chieppa R., Il codice del processo amministrativo, Giuffrè, Milano, 2010.

[9] In sede di giudizio di legittimità, in passato, il giudice amministrativo poteva avvalersi di un numero limitatissimo di mezzi di prova e solo con l’entrata in vigore del Codice del processo amministrativo si è ammessa l’esperibilità di tutti i mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile, fatta eccezione dell’interrogatorio formale e del giuramento.

[10] Vedi nota 3.

[11] Art. 21 c.p.a. – Commissario ad acta: “1. Nell’ambito della propria giurisdizione, il giudice amministrativo, se deve sostituirsi all’amministrazione, può nominare come proprio ausiliario un commissario ad acta. Si applica l’articolo 20, comma 2.”

Autore: Maria Dolores Iacuzio

Maria Dolores Iacuzio è nata in provincia di Salerno il 17 aprile del 1994.
Dopo essersi diplomata al Liceo Classico presso il Publio Virgilio Marone, nel settembre del 2020, ha conseguito una Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Salerno discutendo una tesi in Diritto Processuale Amministrativo avente come titolo: “Le condizioni dell’azione”.
Nel novembre 2020 ha concluso il percorso dei 24 CFU in discipline antro-psico-pedagogiche e in metodologie e tecnologie didattiche (decreto legislativo 13 aprile 2017 n. 59 e decreto 616 del 10 agosto 2017) presso il Dipartimento 24 CFU FIT Unisa (Salerno).
Nel luglio 2021 ha conseguito il Master in "Diritto della Rete" presso l’Università degli Studi Niccolò Cusano (Roma).
Ha lavorato come collaboratore d’ufficio e servizio di accoglienza presso il CAOT-Unisa (Centro di ateneo per l’orientamento e il tutorato).
Durante gli anni universitari ha avuto l’onere e l’onore di essere eletta in seno al Consiglio Didattico di Scienze Giuridiche Unisa restando in carica per 3 anni, ha preso parte ad associazioni universitarie di supporto agli studenti, ha avuto la possibilità di intervenire in Aula Magna in occasione del “Welcome Day Giurisprudenza” ed ha partecipato attivamente all’organizzazione di eventi e convegni con personalità di spicco tra cui il magistrato, politico e avvocato italiano nonché Presidente onorario aggiunto della Corte Suprema di Cassazione Ferdinando Imposimato e il Presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico.
A soli 19 anni ha avuto l’opportunità di candidarsi in seno al Consiglio Comunale in una lista civica e, nel corso della sua vita, ha lavorato come collaboratore commerciale e come consulente finanziario.

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