Quando ci si trasferisce in un condominio si sa in anticipo che una delle maggiori difficoltà sarà quella di condividere spazi e regole con gli altri condomini.
Alcune di queste regole sono molto intuitive: ad esempio tutti sanno che è sconsigliabile mettere la musica tutto volume nelle ore notturne!
Altre regole, magari meno evidenti, possono essere contenute nel Regolamento Condominiale – qualora ce ne sia uno.
Ma cosa accade se qualcuno sistematicamente infrange questi dictat a danno di un altro?
Il nostro legislatore ci ha fornito alcuni elementi per comprendere se siamo di fronte a un fenomeno giuridicamente rilevante oppure no, fornendo una “unità di misura” oltre la quale si può agire nei confronti del condomino che si prende troppe libertà: la normale tollerabilità (art. 844 Codice Civile).
Per il nostro legislatore, dunque, non è oggettivamente possibile determinare in anticipo quando un comportamento altrui divenga giuridicamente rilevante e, per l’effetto, rimette tutto alla normale tollerabilità di ciascuno di noi.
Se, dunque, la nostra tollerabilità viene messa a dura prova, cosa accade?
Siamo davanti a quelle che, nel Codice Civile appunto, prendono il nome di “immissioni” che altro non sono se non interferenze provenienti da un fondo e insistenti su un altro fondo.
Le immissioni possono essere di vario genere: possono esserci immissioni di luce, odore, suoni, fumi.. Ma soprattutto possono essere volontarie o involontarie!
Partendo dalle immissioni volontarie, tra queste possiamo certamente comprendere Caio, che è particolarmente bravo in cucina e preso da una improvvisa ispirazione, prepara ogni tipo di pietanza a qualunque ora del giorno e della notte impregnando le nostre meravigliose tende di lino con un insistente aroma di fritto misto.
O ancora: Mevio, amante delle scarpe con la suola di cuoio che non si risparmia di indossare anche in casa, costringendo l’inquilino del piano di sotto a sopportare un continuo calpestio.
Ecco, in casi come questi è senz’altro possibile fare qualcosa! Ricordando bene, però, che deve esserci una certa abitualità nell’interferenza, poiché fare la brace una volta al mese o provare un paio di scarpe appena acquistato, non può in alcun modo costituire una immissione (e, anzi, direi che si tratta di un sacrosanto diritto!).
Cosa possiamo fare, dunque, in questi casi, per tutelare il nostro diritto alla tranquillità? Il primo passo è parlare con l’Amministratore di condominio (obbligatorio nei condomini con più di dieci unità abitative) il quale invierà una raccomandata al nostro vicino chef per chiedergli di sfruttare ore più consone per i suoi esperimenti culinari. Oppure chiederà a Mevio di indossare delle ben più comode pantofole durante la permanenza nella propria abitazione.
Se questo non dovesse bastare, si passa al secondo step: l’Avvocato. Ci si recherà dal nostro Avvocato di fiducia e gli si chiederà di predisporre una diffida nella quale verrà chiesto, al nostro esuberante vicino, di rispettare le regole condominiali.
Se neanche la letterina dell’Avvocato dovesse bastare, non ci resterà che andare davanti a un Giudice – che, nel nostro caso, sarà un Giudice di Pace, unico competente per le immissioni.
Ecco, ma se questo vale per le immissioni volontarie, cosa accade quando l’interferenza non è voluta da chi la causa ma è perfettamente in grado di recare disturbo ai terzi?
Partiamo da un esempio: Caio, oltre ad avere la passione per la cucina, ha anche il sonno molto pesante e, quando si trova tra le braccia di Morfeo, russa molto rumorosamente. A questa circostanza, se vogliamo, possiamo aggiungere il fatto che la camera di Caio sia confinante con la nostra e che, dunque, quando Caio è completamente immerso nel mondo dei sogni, noi ci svegliamo di soprassalto per il rumore prodotto dal suo naso!
In questo caso, ho il diritto di chiamare l’Amministratore, andare in Tribunale o, più semplicemente, bussare alla parete che confina con le due camere e svegliare Caio in modo che smetta di russare?
No.
Se le immissioni sono involontarie, non c’è granché che si possa fare. Al più, nell’esempio del vicino che russa, si può provare a spostare la propria camera (o quella del vicino) in un’altra ala della casa – laddove possibile –.
Un’altra possibile strada da percorrere, che però è talmente tanto tortuosa che non vale quasi mai la pena percorrerla, c’è: per legge le pareti devono essere in grado di isolare per un determinato numero decibel, quindi noi potremmo ipoteticamente dare mandato a un perito che valuti se le nostre pareti corrispondono ai minimi legali e, in caso di esito negativo della perizia, fare causa al costruttore – sopportando, però, la durata e i costi di un processo civile.
P.S. un’ultima alternativa può essere quella di insonorizzare la parete comune dividendo le spese con il vicino rumoroso e, magari, sfruttare l’occasione per farci amicizia!
(No, chiedere al vicino di cambiare casa, non è consentito!)
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