Il 20 Maggio 2021 si è festeggiato il quinto anniversario della Legge Cirinnà (L. 76/2016), la legge con cui anche in Italia, finalmente, sono state regolamentate le unioni civili!
Arrivare all’approvazione di questa legge non è stato affatto semplice tanto che, pur di vederla approvata, la Senatrice Cirinnà (da cui il testo normativo prende il nome), ha dovuto soprassedere su molti aspetti (per esempio sulla c.d. stepchild adoption) che, se non fossero stati rimossi dal testo, avrebbero portato alla bocciatura della Legge in Parlamento.
Ma tant’è e, finalmente nel 2016, dopo molteplici sollecitazioni e sanzioni da parte della Corte Costituzionale e della Corte Europea, anche in Italia si è raggiunto questo traguardo.
Vediamo, dunque, nel dettaglio come sono regolamentati la cerimonia, il prima, il dopo e il durante di queste unioni mettendone in luce alcune differenze con il matrimonio.
La cerimonia: si svolge davanti all’Ufficiale di Stato Civile, alla presenza di due testimoni (oltre che, ovviamente, agli invitati). Gli sposi dichiareranno di volersi unire e l’Ufficiale registrerà l’atto nell’archivio di Stato.
Nel corpo dell’atto troviamo i dati dei partner, l’indicazione del regime patrimoniale, la residenza e i dati dei testimoni. Le parti possono, inoltre, scegliere quale cognome dare alla famiglia e se anteporre o posporre, al cognome comune, il proprio.
Ecco che, però, proprio durante la cerimonia troviamo la prima piccola differenza con l’istituto del matrimonio. La cerimonia delle unioni civili è, infatti, destinata a durare meno e, questo, perché manca la parte in cui l’Ufficiale pronuncia la fatidica frase “vi dichiaro marito e moglie”.
Naturalmente questo non inficia in alcun modo l’unione e, se proprio vogliamo dirla tutta, grazie a questa carenza, i festeggiamenti inizieranno prima!
Bene, a questo punto, usciti dall’ufficio comunale si entra nel pieno dell’unione, nella vita di tutti i giorni, che viene pressoché regolata dagli stessi principi del matrimonio (diritti e doveri) tra i quali spiccano:
– il principio dell’accordo: in virtù del quale i partner dovranno decidere, appunto, di comune accordo, come impostare la propria vita: città o campagna? Gatto o pesce rosso? Giardino o balcone? Aperitivo o pic-nic?
– il dovere di contribuzione: inteso non solo nella sua accezione economica – e, quindi, ognuno dovrà contribuire, in linea con le proprie capacità, a sostenere le spese della vita familiare –, ma anche nel senso di contribuzione morale alla crescita e alla realizzazione del proprio partner!
– il dovere di fedeltà: inteso non solo come obbligo di astenersi dall’avere rapporti intimi con parti terze, ma inteso anche nel senso di profonda dedizione e devozione nei confronti del proprio partner!
Ecco, se questi sono alcuni tra i più importanti principi che disciplinano il matrimonio, ci aspetteremmo di trovare principi analoghi anche per le unioni civili ma, invece, con enorme sorpresa scopriamo come nelle unioni civili, non sia previsto… il dovere di fedeltà!
Naturalmente questa (lo possiamo immaginare!), è solo una lacuna apparente! È ovvio che non si debba tradire, tanto è vero che l’altra differenza tra matrimonio e unioni civili riguarda proprio il divorzio!
Infatti, il caro vecchio divorzio, all’interno dell’istituto del matrimonio prevede per i coniugi un periodo di separazione prima dello scioglimento del vincolo ma nelle unioni civili non è così! Abbiamo quello che potremmo definire “divorzio chiavi in mano!”.
Nelle unioni civili, invero, non essendo previsto il periodo di separazione tra i partner, divorziare diventa molto più semplice poiché è sufficiente che uno solo dei partner si rechi innanzi all’Ufficiale di Stato Civile del Comune in cui è registrata l’unione e dichiari di voler porre fine al vincolo. Trascorsi tre mesi dalla dichiarazione, sarà possibile chiedere il divorzio (occhio quindi a non essere fedeli!).
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